Emidio Diodato – L’ILLUSIONE DI ESSERE FUORI DAL GLOBO

Un’Ucraina isolata dall’Occidente e sempre più politicamente subordinata alla Russia incoraggerebbe la scelta sconsiderata della Russia a favore del suo passato imperiale Zbigniew Brzezinski, Strategic Vision (Basic Book: New York, 2012, p. 150) (Estratto da Paradoxa 2/2023) È opinione diffusa che la guerra in Ucraina stia trasformando gli equilibri geopolitici. Più vago è cosa si debba intendere con equilibri geopolitici. Le teorie geopolitiche hanno avuto presa nelle dittature del primo Novecento e oggi trovano largo consenso solo nei circoli intellettuali dei regimi autoritari, come la Russia. Gli studi di geopolitica critica, tuttavia, mostrano che qualcosa che possiamo considerare geopolitico è sotteso anche alle visioni strategiche dei decisori politici o dei loro principali consiglieri nei regimi democratici, a partire dagli Stati Uniti. In un lungo telegramma inviato da Mosca nel 1946, il giovane diplomatico statunitense George F. Kennan scriveva che il governo di Washington avrebbe dovuto contenere l’espansionismo sovietico senza concessioni. La sua visione si basava sulla convinzione che non ci potesse essere un modus vivendi con l’Unione Sovietica a causa del fanatismo di una forza politica, il partito di Stalin, che poteva disporre «delle energie di uno dei più grandi popoli del mondo e delle risorse del più ricco territorio

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Seminario: La comunicazione al posto della politica

Roma, 9 aprile 2021, ore 15:30-17:00 Fondazione Internazionale Nova Spes, piazza Adriana 15 Seminario a partire da Paradoxa 3/2020, La comunicazione al posto della politica. Seminario in formula “mista”, con relatori in parte in presenza e in collegamento. Sono intervenuti: Eugenio Gaudio, Laura Paoletti, Mario Morcellini, Luigi Di Gregorio e Antonio Preiti; In collegamento: Lucia Annunziata, Ugo Intini, Francesco Giorgino, Gianni Cuperlo, Marzia Antenore e Francesca Rizzuto.

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Mario Morcellini – LA COMUNICAZIONE AL POSTO DELLA POLITICA. L’IMPATTO DEI MEDIA E DELLE RETI DIGITALI

(estratto da Paradoxa 3/2020) Premessa Il monografico si interroga su un trend ormai evidente ai ricercatori ma che occorre affrontare in termini sistematici, aprendo il dibattito non solo alle comunità scientifiche: è in corso da tempo un processo tutt’altro che graduale di sostituzione della politica con la comunicazione in tutte le sue declinazioni. Ad una lunga fase storica in cui i media si ponevano in un atteggiamento di narrazione e mediazione di temi e discorsi politici, si è avvicendata una stagione in cui essi finiscono per surrogare la politica, divenendo così la piattaforma vincente di interazione con la domanda ‘dal basso’ e con gli stessi pubblici. Si ha così la riprova di quanto sia più centrale che mai, nell’esperienza sociale degli uomini moderni, la dimensione simbolica e in particolare quella virtuale: diventa sempre più il terreno privilegiato di conflitto nel mercato dell’influenza e nell’economia dell’attenzione. Gli aspetti maggiormente critici dipendono in buona misura dalla difficoltà di aprire gli occhi sull’accelerazione quasi compulsiva dei processi in atto. È così che il gruppo di autori e studiosi di diverse generazioni e pertinenze scientifiche ha messo a fuoco nel presente numero caratteristiche e indicatori di questo prorompente fenomeno, senza trascurare le criticità che

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Laura Paoletti – COMUNICAZIONE E ‘SECOLARIZZAZIONE’ DELLA POLITICA

(editoriale di Paradoxa» 3/2020) A tutta prima si resta piuttosto disorientati quando il Curatore, proprio in conclusione dell’ampia (e utilissima) positio quaestionis con cui introduce queste pagine, ricapitola il discorso svolto definendo «la fase storica che stiamo vivendo come una ‘secolarizzazione’ della conoscenza e del comportamento sempre più tipica dei moderni» (p. 33). Sembra difficile, in effetti, trovare qualcosa di più estrinseco e meno pertinente, rispetto alla questione del rapporto tra politica e comunicazione, di un riferimento al complesso processo storico che consiste nella progressiva perdita di rilevanza della religione nella società moderna. In realtà l’effetto (voluto) di spaesamento è efficace nel richiamare l’attenzione del lettore sul paradigma teorico attivato dalla tesi cardine proposta da questo fascicolo. Se, infatti, ‘secolarizzazione’ è, in senso stretto, il trasferimento della proprietà di beni ecclesiastici allo Stato e, per estensione, il passaggio di concetti, competenze, poteri e strategie di legittimazione del potere, dall’ambito della religione a quello della politica, allo stesso modo la provocazione – e l’allarme – lanciata dai saggi qui raccolti è che la politica stia subendo oggi, quasi per contrappasso, un’analoga espropriazione ad opera della comunicazione. Stiamo insomma assistendo ad un passaggio epocale che può esser descritto come «sostituzione della politica con la

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Paradoxa, Anno XIV – Numero 3 – Luglio/Settembre 2020

La Comunicazione al posto della politica a cura di Mario Morcellini e Michele Prospero La politica si sta trasformando nella narrazione che è in grado di offrire di sé. La comunicazione, peraltro, soprattutto nella dimensione digitale, impone i suoi codici, i suoi linguaggi, le regole del ‘suo’ gioco al dibattito pubblico. Lo spazio virtuale spesso plasma letteralmente la realtà: ‘vero’ non è più ciò che corrisponde ai fatti ed è verificabile con dati oggettivi, ma ciò che persuade il sentire comune; ‘reale’ è ciò che viene creduto tale. I media diventano luogo privilegiato non solo di confronto, bensì di costruzione del consenso. Questo numero intende mettere a fuoco caratteristiche e indicatori di tale fenomeno, evidenziandone tratti e criticità.   Indice:    

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Laura Paoletti – AUTOBIOGRAFIA DELLA ‘NON’ NAZIONE

(editoriale di Paradoxa 2/2020)   Io non mi sento italiano/Ma per fortuna o purtroppo lo sono Giorgio Gaber   Più di altre volte, il titolo scelto dal Curatore è efficace nel restituire intenti, esiti e tensioni interne dell’operazione tentata con questo numero. Nonostante non arrivi ad esser formulato con il carattere esplicito di una domanda o come un’aperta alternativa tra due opzioni, il sospetto amletico, pudicamente trattenuto dalle parentesi, è, a ben guardare, quello che dà il tono all’intero fascicolo: così che la questione dell’essere italiani si viene via via trasformando, nel susseguirsi di contributi e analisi, in una riflessione sui molti sensi in cui si può (si deve?) non esserlo. E poiché anche il ‘non’, come l’essere, si dice in molti modi, gli autori si producono in un ampio ventaglio di registri del ‘negativo’, che va dalla constatazione al suggerimento al divieto; che va dal vigoroso e appassionato rifiuto dell’idea stessa di patria, alla più cauta presa di distanza critica che l’appartenenza europea invita ad esercitare nei confronti di un’identità compresa in termini ingenuamente ed esclusivamente nazionali; dal ripensamento in chiave contemporanea delle impietose analisi del «carattere degli italiani» che si trovano tra le pagine di Leopardi, Gobetti, Gramsci,

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Paradoxa, Anno XIV – Numero 2 – Aprile/Giugno 2020

Essere (o non essere) italiani a cura di Gianfranco Pasquino La posta in gioco, quando ci si interroga sull’identità nazionale, è la possibilità di un sentire comune (vissuti, storie, valori, tradizioni), dal quale ‘noi’ italiani abbiamo spesso la tentazione di chiamarci fuori. Un sentimento del ‘non’, vale a dire la resistenza ad accettare quel che siamo senza averlo scelto. Forse dipende dal guardare a noi stessi come soggetti tutti ‘moderni’, cioè autonomi, responsabili, liberi di deciderla, la propria identità. Ma occorre fare i conti con la realtà che non tutto è scelto, voluto. Bisogna riconciliarsi con il fatto che, comunque la si metta, l’essere italiano precede il non sentirsi tale.   Indice:

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Laura Paoletti – LA POLITICA AI TEMPI DEL VIRUS: TRA DIFFICOLTÀ TEORICHE ED EMERGENZE QUOTIDIANE

(editoriale di Paradoxa 1/2020) Il caso vuole che questo fascicolo vada in stampa in una circostanza che si presenta sotto molti aspetti come uno «stato d’eccezione» e che sembra rilanciare, quasi in extremis, ambizioni e spazi di manovra di una politica che – volente o nolente, potente o impotente – è comunque chiamata a governarlo. Ci siamo ancora troppo dentro per azzardare ipotesi su come andrà a finire e pronosticare se tutto ciò porterà qualche cambiamento di lunga durata; certo è che, al momento, il Covid-19 ha tutta l’aria di riuscire a ripristinare condizioni precedenti alla cosiddetta ‘post-politica’: la globalizzazione frena, la sovranità si ri-territorializza, le esigenze delle multinazionali si piegano (incredibile dictu) alle decisioni degli stati nazionali, il popolo tutto, anche quello dell’antipolitica, si aspetta dalle autorità politiche indicazioni vincolanti ed efficaci sulla gestione dell’emergenza. In generale, come è stato già da più parti osservato, è come se l’epidemia avesse innescato un contromovimento rispetto a quello tipicamente postmoderno che trasporta il reale nel virtuale e sostituisce il senso letterale con quello metaforico: e così come ‘virus’, ‘antivirus’ e contenuti ‘virali’ ritornano dal dominio etereo della rete a quello di carne e sangue dei corpi umani, allo stesso modo la

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Marco Valbruzzi – LO STATO DELLA POLITICA OLTRE LO STATO

(estratto da Paradoxa 1/2020) 1. Introduzione Il tema non è certamente nuovo. Discutere di crisi della politica significa, infatti, tornare a sollevare un argomento che è sempre stato centrale nella storia del pensiero politico. E non è azzardato sostenere che, fin da quando esiste la politica, esiste anche una riflessione sulle sue trasformazioni o, meglio, sulla sua capacità di garantire una qualche forma di ordinata convivenza tra gli uomini. La crisi della politica è l’ombra che da sempre incombe su tutto ciò che nel corso del tempo abbiamo definito ‘politica’. Anzi, si può addirittura sostenere, forzando solo un po’ (ma non troppo) i termini, che la politica mostra il suo volto più vero e più minaccioso, proprio negli stati di crisi, quando la sua forma non riesce più a descrivere o a contenere una realtà in via di mutamento. Quindi, discutere della crisi della politica vuol dire discutere, inevitabilmente, della natura della politica. E viceversa. Fin qui, dunque, nulla di nuovo. Ma allora perché abbiamo sentito l’esigenza di tornare a riflettere – proprio ora – su un tema classico sul quale sono state scritte migliaia di pagine? La risposta – credo – sta nella specificità della situazione attuale che ci

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