Stefano Quintarelli – LA METAFORA DELL’INTELIGENZA ARTIFICIALE: LIMITI E POTENZIALITA’

(Estratto da Paradoxa 4/2023) Sarà vera intelligenza? ‘Intelligenza artificiale’ è una metafora. Particolarmente azzeccata, date le numerose analogie che su di essa si possono basare, ma pur sempre una metafora. Quando conosciamo bene una cosa, i limiti delle metafore che la riguardano ci sono evidenti: non ci addentreremmo in speculazioni se ‘una montagna di libri’ sia o meno un ambiente adatto alla riproduzione degli stambecchi, anche se non si può escludere che qualcuno, in particolare attorno all’epoca di Gutenberg, possa averlo fatto. Lo slogan ‘intelligenza artificiale’ è nato il 2 settembre 1955, quando gli accademici chiesero alla Fondazione Rockefeller un finanziamento di 13500 dollari per poter svolgere un workshop estivo con una decina di scienziati, della durata di un paio di mesi, da tenersi nell’estate del 1956 presso l’Università di Dartmouth. I proponenti erano alcuni mostri sacri della matematica e dell’informatica dell’epoca: McCarthy, Minsky, Rochester e Shannon. Proponiamo che uno studio sull’intelligenza artificiale, della durata di due mesi e composto da dieci persone, venga condotto durante l’estate del 1956 al Dartmouth College di Hanover, nel New Hampshire. Lo studio deve procedere sulla base della congettura che ogni aspetto dell’apprendimento o di qualsiasi altra caratteristica dell’intelligenza possa essere descritto in linea

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Paradoxa, Anno XVII – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2023

Copertina Paradoxa 4/2023 - piccola

IA – Tu chiamala, se vuoi, Intelligenza a cura di Stefano Quintarelli Interagire con un’intelligenza di ultima generazione come ChatGPT, anche da navigati fruitori di tecnologia, suscita un misto di ammirazione e inquietudine: da un lato, l’ottimistica fiducia in nuovi modelli di ragionamento; dall’altro, la sottile preoccupazione che, presto o tardi, la questione si farà giuridica, etica, sociale. Le pagine di questo numero scavano in questa ambivalenza. Sono, sì, un utile prontuario per orientarsi in una realtà e in un linguaggio (fatto di «prompt», «LLM», «embedding »…) non sempre accessibili. Ma, a un livello più profondo, lasciano affiorare la questione strutturale se abbia davvero senso parlare dell’IA generativa in termini di ‘intelligenza’. No, la metafora, la creatività, il paradosso, non possono in toto essere ricondotti – e ridotti – a un sistema di ragionamento automatico.  

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Paradoxa, Anno XVII – Numero 2 – Aprile/Giugno 2023

I nuovi equilibri geopolitici a cura di Emidio Diodato Lo specifico del «paradigma geopolitico» consiste nel complicare l’idea che lo spazio sia il semplice scenario, politicamente indifferente, di forze e conflitti che si dispiegano secondo leggi del tutto autonome e che si riflettono poi in una certa configurazione di confini e suddivisioni territoriali, che lo spazio si limita a subire. Non che la geografia non sia anche il risultato della politica : è la politica che dà senso allo spazio e non viceversa. Ma lo spazio non è solo un ricettacolo passivo, come emerge già solo dal fatto che ‘senso’ è un concetto in sé strutturalmente spaziale, per cui avere un senso significa essere orientato in una certa direzione. Il punto della geopolitica è che lo spazio geografico nudo e crudo, quello brutalmente materiale, scabro, mai del tutto riassumibile nella levigatezza delle forme geometriche con cui si prova a rappresentarlo, ‘curva’ qualsiasi azione abbia luogo (appunto) sul piano della politica internazionale, perché contribuisce in modo determinante a suggerirla, legittimarla, agevolarla o ostacolarla. Chi voglia parlare o scrivere di crisi dell’Occidente (e sono in molti) ha l’obbligo di definire con ragionevole precisione che cosa significa ‘crisi’ e che cosa è l’Occidente.

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Paradoxa, Anno XVII – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2023

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Orgogliosamente Occidente a cura di Gianfranco Pasquino Chi voglia parlare o scrivere di crisi dell’Occidente (e sono in molti) ha l’obbligo di definire con ragionevole precisione che cosa significa ‘crisi’ e che cosa è l’Occidente. Questo esercizio di rigore cambia la prospettiva: la retorica del declino ha fatto il suo tempo ed è venuto il momento di pensare, articolare, rivendicare i motivi d’orgoglio (e sono molti) di appartenere a questo crocevia di geografia e storia, cultura, politica democratica, valore della persona.    

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Paradoxa, Anno XVI – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2022

Paradoxa 4/2022 - Copertina

Giovani e società. Fine della trasmissione? a cura di Mario Morcellini Il fascicolo si pone la domanda circa la possibilità che i giovani, nel passaggio generazionale di oggi, siano radicalmente disinteressati ad ogni interazione comunicativa tradizionale. Che la linea di trasmissione che consegna il passato alla nuova generazione si sia, di fatto, interrotta? I giovani da un lato, la società dall’altro?  ‘Loro’, virtualmente iperconnessi e di fatto isolati, colpiti da una pandemia che li ha resi più fragili; apparentemente refrattari a politica, cultura, religione, informazione. ‘Noi’, la società che variamente li guarda con curiosità, paternalismo, tenerezza, disapprovazione. A ben vedere, tuttavia, la situazione è più complessa di una semplice contrapposizione. La socializzazione assume nuove (piatta)forme di partecipazione. Responsabilità civica, giustizia sociale, solidarietà costruiscono nuove vie di comunicazione, nuovi obiettivi.    

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Paradoxa, Anno XVI – Numero 3 – Luglio/Settembre 2022

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Humanities. Quale spazio nell’era tecnologica? a cura di Adriano Fabris Ribadire  la superiorità delle humanities -Leitmotiv dei contributi del fascicolo- può sembrare una battaglia di retroguardia: il  paradigma  epistemologico dominante tende ad interpretare tecnologicamente persino il soggetto umano, nell’implicito rispecchiamento tra uomo e macchina. La messa a punto di alcuni strumenti concettuali fondamentali – come la  distinzione  tra  tecnica  e  tecnologia,  la  ricomprensione  di  quest’ultima  in termini di ambiente, la differenziazione tra conoscenza e machine learning – consente di far emergere fino a che punto la riduzione dell’agire umano a procedura, che di fatto sancisce la morte delle humanities, sia  un’operazione  che  muove,  appunto, dallo spazio umano  e  che  umana  resta  da  cima a fondo. L’inespungibilità dell’umano dal tecnologico, è un fatto. Tuttavia, va confermata tramite una decisa scelta etica.   Questa pubblicazione è stata realizzata con il contributo della Regione Lazio, Direzione Cultura e Lazio Creativo, Area Servizi Culturali e Promozione della Lettura, L.R. n. 24/2019, Piano 2022.   Indice:  

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Paradoxa, Anno XVI – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2022

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Le parole della destra a cura di Dino Cofrancesco Che vuol dire Destra, oggi? Un approccio conservatore, ma non necessariamente tradizionalista; il legame all’idea di nazione, ma non per forza la difesa del sovranismo; una certa disinvoltura tra concetti ‘anfibi’, che possono cioè vivere bene sia a destra che a sinistra (come ambiente, famiglia, etnia, educazione…). Se Destra è tutto questo, davvero non c’è nessuno di questi riferimenti da cui possiamo ancora sentirci interpellati? Davvero a Destra non ci sono valori universali, condivisibili da tutti? È ciò che Paradoxa si è chiesta in questo numero: che cosa può considerarsi ancora vivo e utilizzabile nella storia ideologica della destra – o delle destre? Che cosa, per contro, deve ritenersi morto e dimenticato? Indice:    

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Laura Paoletti – QUESTA NON È UNA RIDUZIONE

(Editoriale di Paradoxa 4/2021) In rimando al celebre paradosso visivo messo in opera da Magritte, che scrive Ceci n’est pas une pipe sotto un’immagine che rappresenta una pipa, si potrebbe riassumere paradossalmente il senso di questo fascicolo, dedicato alla riduzione del numero dei parlamentari realizzata dalla legge costituzionale 1/2020, con la formula ‘questa non è una riduzione’. Il termine ‘riduzione’, infatti, non va preso alla leggera. Per coglierne appieno la portata va lasciato risuonare nel suo senso etimologico, che è quello della reductio, di un movimento di riconduzione di qualcosa a qualcos’altro che ha l’obiettivo di afferrare il significato più profondo, il nucleo o l’essenza, di ciò che viene ridotto. La riduzione è una traduzione, uno spostamento e una traslazione, capace di far apparire il senso di ciò che viene ridotto: esattamente come la riduzione in scala realizzata da una cartina geografica fa apparire, per la prima volta, la forma di un territorio che grazie ad essa diventa in qualche modo controllabile, percorribile, dunque sensato, ossia orientato in un certo senso o verso. È soltanto perché opera una riconduzione all’essenziale, rinunciando al superfluo, che ‘riduzione’ può assumere il significato, divenuto prevalente nel linguaggio ordinario, di diminuzione in senso quantitativo. Significato

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Paradoxa, Anno XV – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2021

copertina piccola Paradoxa

  Il ridotto del Parlamento a cura di Pino Pisicchio   «Taglio»: questa la parola d’ordine lanciata dal Movimento 5 Stelle. Obiettivo: la riduzione del numero dei parlamentari. I rappresentanti delle due Camere, nel nome di una rinnovata credibilità istituzionale o del desiderio di interpretare il sentire comune, hanno quindi detto ‘sì’ alla riforma che ne riduceva il numero. Ma ridurre significa ‘sfrondare’ il superfluo o, semplicemente, ‘togliere’ un po’ di quel che c’è? Allo stato attuale delle cose, la riforma approvata solleva questioni problematiche: che funzioni ha un Parlamento ridotto rispetto al governo? Che conseguenze ci saranno per la forma-partito? Quali ripercussioni sulla legge elettorale? In generale, è in gioco una complessiva restrizione del campo d’azione del Parlamento. Una pericolosa riduzione della sua rappresentatività. Indice:

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