Laura Paoletti – LETTURE E LETTORI FACILI E DIFFICILI

(editoriale di Paradoxa 2/2017) Questo fascicolo si offre a due livelli di lettura; ma forse anche a due letture e infine persino a due lettori di tipo diverso: per questo è bene fare chiarezza. Il primo livello, più immediato, è quello di un’ampia ricognizione, che si fa denuncia circostanziata, di sacche di inciviltà: quelle sacche che si creano quando la società (in prima battuta) civile si ripiega su se stessa, frantumandosi in gruppi e comportamenti autoreferenziali che di civile hanno ben poco. Il passo dalla legittima tutela di un’identità, professionale o di altro genere, a quella degenerazione che felicemente il Curatore definisce «corporativismo amorale» è purtroppo breve: lo dimostra la variegata fenomenologia dell’inciviltà qui proposta, che spazia da categorie più ovvie (i politici, per esempio) a quelle assai meno scontate in questo contesto( le associazioni femministe, per esempio). A questo livello, la lettura è istruttiva, persino godibile e tutto sommato facile. Ma proprio perciò rischiosa. Se ci si limitasse a questo, infatti, si correrebbe il concreto pericolo di ritrovarsi membri di diritto dell’ennesima delle società incivili: quella degli autocompiaciuti fustigatori della Casta, che sono tanto più coesi quanto più indistinto e ‘altro’ è il bersaglio dell’indignazione, sempre rivolta a loro,

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Paola Galimberti – OPEN SCIENCE: ALTMETRICS, IMPATTO E CONTROLLO DELLA QUALITÀ

(estratto da Paradoxa 1/2017) MISURARE LA RICERCA Mai come in questi ultimi anni l’enfasi posta sulla misurazione è stata più forte. C’è una richiesta di accountability alle università e agli enti di ricerca da parte del ministero e della società che si traduce nel dover dimostrare il proprio valore (quello del proprio gruppo di ricerca, della propria istituzione, della propria disciplina), nel rendicontare che gli investimenti fatti hanno dato dei buoni esiti, e questo viene fatto preferibilmente attraverso un numero (o diversi numeri). La fiducia nel numero è totale, perché il numero è freddo, oggettivo, comparabile, e più alto è e meglio è. In questa totale fiducia nella oggettività del numero spesso ci si dimentica di capire cosa quel numero esprima effettivamente, o gli si attribuiscono significati impropri. Il fine è la ricerca dell’eccellenza, quella della qualità, quella del ritorno sulla società degli investimenti fatti, ma gli effetti di queste pratiche di misurazione, sia sui comportamenti dei ricercatori che sulle scelte della governance, sono molto seri, talvolta hanno un carattere distorsivo e in alcuni casi hanno conseguenze (negative) irreversibili. I ricercatori sono posti sotto la pressione di dimostrare il loro valore attraverso la produzione di lavori scientifici, il maggior numero

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Tavola rotonda – Liberali, davvero!

10 maggio 2012, Roma Palazzo Mattei di Paganica, Sala Igea Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani CON IL PATROCINIO DEL SENATO DELLA REPUBBLICA E DELLA CAMERA DEI DEPUTATI Liberali o liberali immaginari, quelli italiani? Per rispondere al quesito, gli autori di «Paradoxa» 1/2012 chiamano a raccolta giudici autorevoli e imparziali. Kant, Montesquieu, Madison, Tocqueville, Mill, Keynes, Rawls — da una prospettiva privilegiata — esaminano l’odierno tasso di liberalismo in Italia, in un’opera di discernimento che mobilita e ridiscute princìpi, concetti e slogan teorici, politici, economici e morali.   Partecipanti: Giovanni Sartori, Benedetto Della Vedova, Gianfranco Pasquino, Antonio Polito, Sofia Ventura

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Tavola rotonda – Eutopia

21 febbraio 2013, Roma Istituto Luigi Sturzo – Via delle Coppelle 35 La crisi dell’Euro altro non è che la manifestazione più drammatica della crisi politica dell’Unione Europea. Viene meno l’uguaglianza tra gli Stati membri, rinascono spinte regressive a livello nazionale, e si fa sempre più sfumata e controversa la frontiera di quel «non luogo» in cui l’Europa consiste. È necessario, oggi, ravvivare la memoria del principio che anima l’Unione. L’Europa che sarà capace di reggere alla crisi e di diventare anche un’Unione politica, quale che sia il suo assetto, certamente non potrà essere un’Europa a 27 membri, e probabilmente sarà un’Europa a più velocità. (Marta Dassù) Partecipanti: Marta Dassù, Domenico Fisichella, Giacomo Marramao, Vittorio Emanuele Parsi A partire da Paradoxa 4-2012 “Eutopia” a cura di Vittorio Emanuele Parsi.

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Laura Paoletti – LOBBISTI A MODO NOSTRO. DIECI ANNI DI «PARADOXA»

(editoriale di Paradoxa 4/2016) È frutto di un caso. Ma che il decimo compleanno di «Paradoxa» cada in un fascicolo dedicato al tema delle lobby è una circostanza fortunata, oltre che fortuita, perché mette in risalto, come meglio non si potrebbe, due tratti salienti della fisionomia della rivista. Il primo, nomen omen, è la paradossalità: in queste pagine viene, infatti, argomentata una tesi che concede molto poco all’opinione comune; una tesi che non solo non è populista, ma che non è nemmeno popolare. A fronte dell’idea diffusa per cui gli interessi corporativi di notai, farmacisti, magistrati, tassisti, sindacati, professori, e via categorizzando, rappresentano il nemico pubblico numero uno del pubblico interesse, gli autori convergono sostanzialmente nell’affermare che le lobby sono in linea di principio un elemento essenziale della vita democratica. Lasciamo al lettore il gusto di confrontarsi con le ragioni che consentono di sostenere una simile posizione: conta sottolineare, qui, che il tentativo sistematico di non cedere mai al punto di vista più ovvio è un filo importante della trama di questi dieci anni; un filo che parte dal primo numero sul carattere positivo del ‘conflitto’ e lega i tanti tentativi di decostruzione di termini utilizzati nel dibattito pubblico come

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Roberta Ricucci – INTEGRAZIONE DELLE SECONDE GENERAZIONI E RELIGIOSITÀ

(estratto da Paradoxa 3/2016) Nell’estate in cui per parlare di religione e immigrazione si discute di burkini e della compatibilità dell’abbigliamento delle donne musulmane con le società europee, ci si dimentica che nella stessa Europa era possibile descrivere le contadine di fine Ottocento (ma in molte zone anche di pochi decenni fa) come donne «con il fazzoletto in testa» e abiti lunghi e neri. Lo scenario era quello di un ruolo femminile legato soprattutto alla fertilità e al lavoro nei campi, connubio che relegava le donne agli importanti compiti della riproduzione e del sostentamento dell’economia domestica. Spesso la memoria vacilla, come già scritto nel volume Cittadini senza cittadinanza, da cui questo testo prende alcuni spunti approfondendoli. Le polemiche si accendono e infervorano seguendo l’aggrovigliarsi di argomenti e messaggi retorici, che avvelenano però la realtà e minano processi di coesione sociale costruiti faticosamente. Infatti, sembrano lontane le discussioni sul rapporto fra religione e seconde generazioni che hanno attirato l’attenzione di studiosi sin dagli attentati alle metropolitane di Londra e Madrid, per giungere sino ai più recenti tragici avvenimenti in Francia e Belgio. Eppure gli elementi della questione sembrano gli stessi: giovani, immigrazione, integrazione, religione. Gli eventi della storia e gli elementi

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Ennio Di Nolfo – IL SISTEMA ATLANTICO E LA GLOBALIZZAZIONE

LE RAGIONI GEOPOLITICHE DI UN TRATTATO COMMERCIALE TRA STATI UNITI ED EUROPA (estratto da Paradoxa 2/2016) 1. Per tutti gli esseri umani è chiaro che la Terra è un globo e come tale essa è sempre stata globalizzata. Nel tempo le conseguenze di tale condizione astronomica sono però mutate. Subito dopo il crollo dell’Unione Sovietica l’esistenza delle due superpotenze venne sostituita dalla sopravvivenza di un solo paese virtualmente capace di dominare la vita globale. Per un certo periodo alcuni politologi, politici e vari uomini della grande finanza internazionale pensarono che il gigante americano potesse da solo dettare le regole della con-vivenza globale, secondo una propria visione, legata agli interessi americani. Non fu necessario molto tempo perché questa illusione tramontasse. Da principio si comprese che altri pericoli potevano derivare dalla volatilità del mercato finanziario. Poi fu sufficiente che un gruppo di terroristi, apparentemente folli ma sostanzialmente ben organizzati e meglio finanziati, riuscisse a colpire i luoghi simbolici, cioè il cuore della finanza americana a New York e il centro del sistema degli armamenti, il Pentagono, sede del dipartimento della Difesa, a Washington, per mostrare anche ai più riluttanti che la solitudine del potere americano era solo un’illusione e che questa solitudine

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Federico Tomasello – DALLA FINE DELLA STORIA ALLA GUERRA CIVILE MOLECOLARE: SU ALCUNI PARADIGMI DI CONFLITTO DELL’ETÀ URBANA

(estratto da Paradoxa 2/2016) Le ipotesi qui presentate riprendono alcuni contenuti del testo pubblicato dall’autore, La violenza. Saggio sulle Frontiere del politico (Manifestolibri 2015)   Il compiersi a ritmi sempre crescenti di quella che nel 1970 Henri Lefebvre definiva Rivoluzione urbana fa oggi dell’urbanizzazione un tema rilevante per ogni dominio delle scienze umane, sociali e politiche. Gli studiosi parlano dell’avvento di una civiltà urbana, mentre nella comunità internazionale si fa uso del termine Urban age per designare il fatto che ben oltre metà del genere umano vive ormai in aree urbanizzate, e che questa porzione pare destinata a crescere esponenzialmente fino a raggiungere il 75% degli abitanti della Terra entro il 2050 (cfr. http://unhabitat.org). I geografi sono impegnati nello studio di processi che consentono di pensare come un unico spazio urbanizzato anche macroaree regionali per il livello di integrazione del loro sistema di infrastrutture, trasporti, organizzazione del lavoro, del commercio e dei servizi. Il generale accordo su una visione ‘urbano-centrica’ dell’attuale momento geostorico ha fatto perciò dell’urbanizzazione una sorta di archivio generale cui rubricare ogni discorso sullo sviluppo delle geografie umane, al punto che il mondo stesso viene rappresentato sovente attraverso metafore urbane, come un ‘metacittà’ avente il suo ‘centro’

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Gianfranco Pasquino – PERCHÉ SONO SCOMPARSE LE CULTURE POLITICHE IN ITALIA

(estratto da Paradoxa 4/2015) Quella fatidica notte tra l’8 e il 9 novembre 1989, il muro di Berlino crollò non soltanto sugli impreparati partiti politici italiani che avevano dominato la storia della prima lunga fase della Repubblica, praticamente cancellandoli, ma si abbatté anche sulle loro, evidentemente già diventate evanescenti, culture politiche. Chi, già sappiamo che continuano ad essere pochissimi, rileggesse gli Atti della Costituente, noterebbe immediatamente quanto significativi, importanti, produttivi sono stati i riferimenti alle maggiori culture politiche del tempo: liberalismo, cattolicesimo-democratico, socialismo e comunismo, con cenni an-che al pensiero federalista. Molti articoli della Costituzione portano chiara l’impronta di ciascuna e di tutte quelle culture politiche. Se nell’art. 11 si trovano echi del federalismo, il monumento alle culture politiche è rappresentato dall’art. 3 nel quale il lessico offre l’esempio migliore di come i Costituenti volessero evidenziare il pluralismo delle loro culture e la loro convergenza su quello che molti considerano il principio predominante della Costituzione italiana. Questo principio non è, a mio parere, l’eguaglianza in quanto tale, ma il compito affidato alla Repubblica, ovvero ai cittadini, di rimuovere gli ostacoli per dare vita ad una convivenza basata sulla partecipa-zione. La menzione dei ‘cittadini’ richiama la cultura politica liberale e, in

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