Laura Paoletti – RIPENSARE LA PENA: TRA KANT, GIOBBE E L’ULTIMATUM GAME

(editoriale di Paradoxa 4/2017) Un ipotetico lettore di «Paradoxa» che fosse tanto appassionato da non perdersi un numero, e che fosse per giunta dotato di buona memoria, potrebbe trovarsi stavolta in qualche imbarazzo: come tenere insieme nell’ambiente teorico e culturale di una medesima rivista il fascicolo 3/2009, che, riproponendo e rilanciando alcune riflessioni di Vittorio Mathieu, stigmatizzava il Senso perduto della pena, ossia il progressivo venir meno di quest’ultima come architrave del sistema giuridico, e questo fascicolo sulla «giustizia riparativa», che azzarda la messa in questione dell’idea stessa che tra colpa e pena vi sia un nesso logicamente consistente? Sarebbe fin troppo facile cavarsela rimettendo a ciascun curatore le sue responsabilità: in realtà la responsabilità davvero sollecitata è quella di «Paradoxa» (e di rimbalzo di chi la legge), la quale, proponendosi come luogo di tensione e non di conciliazione, è chiamata al tentativo di far reagire in modo creativo prospettive che sono e restano diverse, senza alcuna garanzia che tale tentativo riesca. In via del tutto esplorativa, provo a sottolineare due punti di frizione, che scaturiscono da una lettura incrociata dei due fascicoli e che mi sembra costituiscano altrettante feconde direzioni di approfondimento. Uno degli elementi qualificanti della Restorative Justice

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Paola Grimaldi – LA MATERNITÀ SURROGATA TRA BIOETICA E BIODIRITTO

(estratto da Paradoxa 3/2017) Lo scorso 23 febbraio 2017, con la storica ordinanza della Corte di Appello di Trento, è stata riconosciuta ad una coppia omosessuale la possibilità di essere considerati padri di due gemelli nati da maternità surrogata in Canada riconoscendone, per la prima volta in Italia, la genitorialità congiunta includendo, quindi, anche quello dei due che non aveva legami biologici con il bambino. A distanza di oramai quasi trent’anni dal primo caso di maternità surrogata discusso in Italia nel 1989 e noto come ‘caso Valassina’, questo appena descritto è soltanto l’ultimo dei casi variegati di surrogacy, tema delicato e tanto discusso al giorno d’oggi, in cui si stanno imbattendo studiosi di ogni branca sempre più di frequente. Il presente lavoro si prefigge proprio di condurre una riflessione su siffatte pratiche di maternità surrogata evidentemente sconosciute al nostro ordinamento per i motivi che si illustreranno nel corso dell’esposizione; in particolare si indagherà sulla natura e liceità degli accordi che stanno alla base di tali procedure, sulla conformazione e sui limiti dell’autonomia privata in simili vicende dove grande rilievo assume la portata vincolante del principio del the best interest of the child, a cui sempre dovrebbe tendere la concreta valutazione

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Laura Paoletti – MADRI, OGGI. PER UNA DOTTA IGNORANZA

(editoriale di Paradoxa 3/2017) Ignori per qual via lo spirito entra nelle ossa dentro il seno d’una donna incinta (Qo 11,5) Il problema è tutto nel plurale. Se si potesse intendere il termine ‘madri’ come una semplice iterazione sul piano quantitativo, come clonazione di una nozione solidamente definita, sarebbe tutto decisamente più semplice: ogni singola madre empirica sarebbe – per ricorrere ad una metafora musicale – una variazione sul tema, sull’unico tema della Madre archetipica, e basterebbe un po’ di orecchio per cogliere l’eventuale nota stonata che trasforma la variazione in un altro tema o, peggio, in una stecca: questo è ‘maternità’, questo no; fin qui sì, oltre no. Il problema è che oggi – l’‘oggi’ della modernità e della tecnica, del decremento della fertilità e della proliferazione dei diritti – il plurale lavora ad un livello assai più profondo. Si moltiplicano le madri (virtualmente possibili) di un unico figlio, perché la madre genetica (dell’embrione) non necessariamente coincide con quella che partorisce il nuovo nato, che non necessariamente coincide con quella che se ne prenderà cura. Si moltiplicano, disarticolandosi, gli aspetti biologici, psicologici e cronologici della generazione: così che la ‘madre’ che si desidera essere arriva molto in ritardo rispetto

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Laura Paoletti – LETTURE E LETTORI FACILI E DIFFICILI

(editoriale di Paradoxa 2/2017) Questo fascicolo si offre a due livelli di lettura; ma forse anche a due letture e infine persino a due lettori di tipo diverso: per questo è bene fare chiarezza. Il primo livello, più immediato, è quello di un’ampia ricognizione, che si fa denuncia circostanziata, di sacche di inciviltà: quelle sacche che si creano quando la società (in prima battuta) civile si ripiega su se stessa, frantumandosi in gruppi e comportamenti autoreferenziali che di civile hanno ben poco. Il passo dalla legittima tutela di un’identità, professionale o di altro genere, a quella degenerazione che felicemente il Curatore definisce «corporativismo amorale» è purtroppo breve: lo dimostra la variegata fenomenologia dell’inciviltà qui proposta, che spazia da categorie più ovvie (i politici, per esempio) a quelle assai meno scontate in questo contesto( le associazioni femministe, per esempio). A questo livello, la lettura è istruttiva, persino godibile e tutto sommato facile. Ma proprio perciò rischiosa. Se ci si limitasse a questo, infatti, si correrebbe il concreto pericolo di ritrovarsi membri di diritto dell’ennesima delle società incivili: quella degli autocompiaciuti fustigatori della Casta, che sono tanto più coesi quanto più indistinto e ‘altro’ è il bersaglio dell’indignazione, sempre rivolta a loro,

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Paola Galimberti – OPEN SCIENCE: ALTMETRICS, IMPATTO E CONTROLLO DELLA QUALITÀ

(estratto da Paradoxa 1/2017) MISURARE LA RICERCA Mai come in questi ultimi anni l’enfasi posta sulla misurazione è stata più forte. C’è una richiesta di accountability alle università e agli enti di ricerca da parte del ministero e della società che si traduce nel dover dimostrare il proprio valore (quello del proprio gruppo di ricerca, della propria istituzione, della propria disciplina), nel rendicontare che gli investimenti fatti hanno dato dei buoni esiti, e questo viene fatto preferibilmente attraverso un numero (o diversi numeri). La fiducia nel numero è totale, perché il numero è freddo, oggettivo, comparabile, e più alto è e meglio è. In questa totale fiducia nella oggettività del numero spesso ci si dimentica di capire cosa quel numero esprima effettivamente, o gli si attribuiscono significati impropri. Il fine è la ricerca dell’eccellenza, quella della qualità, quella del ritorno sulla società degli investimenti fatti, ma gli effetti di queste pratiche di misurazione, sia sui comportamenti dei ricercatori che sulle scelte della governance, sono molto seri, talvolta hanno un carattere distorsivo e in alcuni casi hanno conseguenze (negative) irreversibili. I ricercatori sono posti sotto la pressione di dimostrare il loro valore attraverso la produzione di lavori scientifici, il maggior numero

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Paradoxa, ANNO XI – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2017

Punire il reo o guarire la vittima? La giustizia riparativa a cura di Umberto Curi Il diritto penale si fonda sulla retribuzione: al reato corrisponde una pena proporzionale. Ma il nesso che lega colpa e pena è davvero razionale e logico come sembra? O risponde ad istanze Che non sono necessariamente ’giuste’? Proprio partendo dalla convinzione che la punizione non basti a lavare la colpa, prende le mosse una concezione di giustizia che preferisce ‘riparare’, ovvero rigenerare, più che controbilanciare: una giustizia che riconosce un ruolo prioritario alla vittima, prima ancora che al reo. Un modello innovativo e controverso, che invita a raccogliere una provocazione radicale: ma siamo proprio sicuri, noi, che la giustizia, per esser tale, non debba guardare in faccia a nessuno? Indice:

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Paradoxa, ANNO XI – Numero 3 – Luglio/Settembre 2017

Madri, oggi a cura di Luisella Battaglia Il problema è tutto in quel plurale, ‘madri’. Si può essere madre genetica, biologica, putativa senza che le tre figure coincidano. In una società più attenta alle differenze (e alle identità) di genere, riconfigurata nel profondo dalle nuove possibilità aperte dalla tecnologia, crollano molti impedimenti all’essere madre, e altri insorgono. La donna che dà il proprio utero in affitto è ‘più’ o ‘meno’ madre di chi alleverà il bambino? Non è possibile fare un confronto, specie quando ci mancano alla base le categorie (etiche, ermeneutiche) per articolarlo. Di qui la domanda, radicale e ormai ineludibile: chi è – o meglio chi sono, oggi, le madri?   Indice:

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Paradoxa, ANNO XI – Numero 2 – Aprile/Giugno 2017

Le società (in)civili a cura di Gianfranco Pasquino Associazionismo: mettersi insieme è sempre un bene? Magistrati, parlamentari, giornalisti, docenti universitari sembrano spesso avere un piede di qua e uno di là, in bilico su quel sottile confine tra associazione e corporativismo, organizzazione e casta, là dove il capitale sociale non costruisce ponti, ma sembra innalzare muri. Società incivile, allora? Le cose non sono così semplici, specie quando la posta in gioco è la democrazia.   Indice:

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Paradoxa, ANNO XI – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2017

Scienziati, giù dalla torre d’avorio! a cura di Riccardo Pozzo Paradosso: gli enti di ricerca pagano i loro prodotti 4 volte, spesso con fondi pubblici. Chi ci guadagna? Certo non gli autori, che anzi (altro paradosso) devono pagare i diritti di utilizzo dei propri stessi lavori. Si decide di parlare di scienza aperta, e ci si scopre a rimescolare il gran calderone delle aporie del processo di produzione scientifica. Ma che si intende poi, di fatto, per open science, e con quali (quanti!) problemi ci si trova a fare i conti?   Indice:

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