Tavola rotonda – Liberali, davvero!

10 maggio 2012, Roma Palazzo Mattei di Paganica, Sala Igea Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani CON IL PATROCINIO DEL SENATO DELLA REPUBBLICA E DELLA CAMERA DEI DEPUTATI Liberali o liberali immaginari, quelli italiani? Per rispondere al quesito, gli autori di «Paradoxa» 1/2012 chiamano a raccolta giudici autorevoli e imparziali. Kant, Montesquieu, Madison, Tocqueville, Mill, Keynes, Rawls — da una prospettiva privilegiata — esaminano l’odierno tasso di liberalismo in Italia, in un’opera di discernimento che mobilita e ridiscute princìpi, concetti e slogan teorici, politici, economici e morali.   Partecipanti: Giovanni Sartori, Benedetto Della Vedova, Gianfranco Pasquino, Antonio Polito, Sofia Ventura

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Tavola rotonda – Il malessere della democrazia (o dei suoi teorici)

7 ottobre 2011, Roma Camera dei Deputati, Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, Via del Seminario 76 A partire da Paradoxa 2/2011 “Quelli che…la democrazia” Il numero di Paradoxa sulla democrazia propone uno spartiacque inedito, che rimodella quelli tradizionali (destra/sinistra, democrazia formale/d. sostanziale, etc.): da una parte vi è chi pone, con forza, il problema di uno stato di malessere del sistema democratico, arrivando, al limite, alla denuncia di un’emergenza democratica in Italia; dall’altra c’è chi colloca questo malessere non tanto a livello della democrazia reale, quanto a livello di teorie che paradossalmente – nel tentativo di difendere o celebrare la democrazia come valore – tradiscono tratti profondamente antidemocratici. Si impongono alcune domande: la democrazia è un valore o uno strumento? Quali e quanti diritti (sociali, politici, etc.) sono costituzionalizzabili? E quali e quanti sono compatibili fra loro? Le forme di governo sovranazionali sono ‘diversamente’ democratiche? Come pensare lo spazio (democratico) per un conflitto tra visioni alternative di democrazia? Interventi: Partecipanti: Dino Cofrancesco, Alessandro Ferrara, Corrado Ocone, Piero Ostellino, Vittorio Emanuele Parsi, Gianfranco Pasquino, Antonio Polito

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Lapo Berti e Marcello Messori – IL LIBERALISMO E GLI ECONOMISTI ITALIANI

1. Il liberismo come problema terminologico? Fra le lingue più diffuse nel mondo, quella italiana è la sola a contemplare la distinzione fra “liberalismo” e “liberismo”. Per esempio, l’Enciclopedia Treccani definisce il primo termine come un “movimento di pensiero e di azione politica, che riconosce all’individuo un valore autonomo e tende a limitare l’azione statale in base a una costante distinzione di pubblico e di privato”, e il secondo termine come un “sistema imperniato sulla libertà del mercato, in cui lo Stato si limita a garantire con norme giuridiche la libertà economica e a provvedere soltanto ai bisogni della collettività che non possono essere soddisfatti per iniziativa dei singoli […]”. Questa duplice definizione, che identifica il liberalismo con una concezione filosofico-politica e riserva al liberismo il campo dell’economia, non è un semplice curiosum. Al di là degli intenti che l’hanno generata, essa testimonia di quella separazione meccanica fra liberalismo politico e liberalismo economico che sta alla base della riflessione dei liberali italiani e che ha agevolato il travisamento della dottrina liberale classica da parte dei nostri economisti (cfr. sotto, par. 5 e 6). A sua volta, tale separazione è stata innescata dall’assenza in Italia di un’esperienza politicamente significativa di liberalismo,

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L’occasione perduta dei liberali

Gianfranco Pasquino L’intervento di Cofrancesco è viziato da una premessa sbagliata. Il fascicolo “Liberali, davvero!” non intende affatto essere una replica a “Quelli che… la democrazia”. Nessuno di noi veniva colà criticato e, personalmente, condivido molte delle critiche rivolte a quei sedicenti (sic) democratici. I contributi a “Liberali, davvero!” stanno in piedi, alti e ritti, da soli senza bisogno di nessun antenato e nessun supporto. Mirano a mettere in rilievo le inadeguatezze, le contraddizioni, le problematiche irrisolte nelle analisi della politica italiana e della (quasi inesistente) etica pubblica di alcuni sedicenti (sic) liberali, ovvero di commentatori e studiosi che tali, orgogliosamente, si dichiarano. Il richiamo ai classici non è esercizio da eruditi, ma è essenziale per ripensare oggi il liberalismo, non solo italiano. Non capisco perché Cofrancesco e altri ci accusino di anti-berlusconismo, un tema assolutamente marginale nei nostri capitoli. Giusto, invece, lo ribadisco, criticare coloro che non criticano le caratteristiche illiberali del berlusconismo: conflitto di interessi, interpretazione della sovranità popolare, uso strumentale della religione, insistita sfida alla separazione dei poteri, duopolio televisivo. Non capisco, poi, perché Cofrancesco scriva addirittura trenta mila battute se ritiene che, cito, “rispondere alle argomentazioni dei liberali davvero, è tempo sprecato”. Nessuno di noi, collaboratori

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