Paradoxa, ANNO VII – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2013

Intellettuali e cattolici A cura di Laura Paoletti Chi, cosa, dove sono gli intellettuali cattolici? Si può essere intellettuali e cattolici senza essere intellettuali cattolici? Questo numero di Paradoxa si interroga su una figura equivoca, non facilmente afferrabile. In primo luogo, sul piano teorico, ci si può chiedere in virtù di cosa si sia legittimati a parlare di ‘intellettuali cattolici’, e in che misura l’appartenenza confessionale possa condizionare (fecondando o, viceversa, limitando) la pratica intellettuale. Ciò su cui occorre interrogarsi, da questo punto di vista, è quale sia il discrimine tra parlare di intellettuali cattolici e parlare, piuttosto, di intellettuali e cattolici. Per ciò stesso, alla radice, non si può non rilevare come sia quella dell’‘intellettuale’ che quella del ‘cattolico’ sono categorie opache, insufficienti a definire appartenenze o esclusioni: «Tutti e nessuno sono intellettuali; tutti e nessuno sono cattolici» (Tommasi). In secondo luogo, sul piano pratico, quel che si deve saggiare è la realtà degli spazi in cui, concretamente, la tradizione cristiana ha inciso e incide sulla cultura contemporanea. Il rapporto tra ambienti cattolici e cultura laica, in Italia, ha subito dei forti condizionamenti in seno agli orientamenti della Chiesa, lungamente ostile a qualsiasi commistione dei cattolici con la vita

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Paradoxa, ANNO VII – Numero 3 – Luglio/Settembre 2013

e-democracy? A cura di Franco Chiarenza Oggi la democrazia deve fare i conti con internet, nella consapevolezza che esso rappresenta un cambiamento radicale nella storia della comunicazione, che rimette in discussione – nel bene e nel male – il principio della libertà di espressione. Ciò su cui è opportuno interrogarsi, allora, è la natura del legame tra comunicazione virtuale e dimensione politica: la rete incarna la massima espressione della democrazia o, viceversa, rappresenta il trionfo dell’antipolitica? In che modo e in che misura Internet incide e orienta la partecipazione pubblica? La e-democracy impone di ripensare le categorie che codificano i tradizionali sistemi di rappresentanza. Il problema, come sottolinea il curatore Chiarenza, ha una specifica rilevanza in seno a una democrazia che si voglia liberale, ovvero tesa alla salvaguardia dei diritti degli individui. Ed è in questa direzione che, da molteplici angolazioni, si muovono le riflessioni degli autori chiamati a discuterne. Se da un lato, infatti, l’assenza di mediazione partitica o la concezione del partito quale struttura reticolare va nella direzione di un ritorno alla sfera pubblica, dall’altro i rischi inscritti nella democrazia digitale sono molti, e investono immediatamente la quantità delle informazioni rese disponibili, e per contro la capacità critica

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Paradoxa, ANNO VII – Numero 2 – Aprile/Giugno 2013

Valutare o perire L’Università sul mercato a cura di Pierluigi Valenza «Paradoxa» 2/2013 muove da un tema solo apparentemente settoriale, quello della Vqr. Si tratta di un processo volto a valutare la ricerca negli Atenei italiani, avviato dal Ministero competente e coordinato dall’Anvur, che porterà a distribuire in modo premiale una parte del fondo di dotazione ordinaria per le università. L’impressione di tecnicismo si dirada non appena si guarda alle questioni, di ampio spettro, che emergono dal volume. Scopo degli Autori e del Curatore Pierluigi Valenza è difatti mostrare che i processi di valutazione dell’università e della ricerca interessano il futuro culturale ed economico del nostro Paese, essendo la spia di processi e trend molto più profondi i quali potrebbero addirittura toccare il nostro modo di vivere e intendere l’esistenza. Si va dai costi, impressionanti, del processo di valutazione in Italia (Baccini, Coin, Sirilli), alle conseguenze della sua applicazione in ambito umanistico (Fabris, Hénaff), passando per aspetti più specifici, quali la bibliometria, analizzata da Banfi e De Nicolao, fino ai paradossi del caso: crescente burocratizzazione della ricerca (Hinna), corsa sfrenata alla pubblicazione e alla citazione (Pinto), caduta in oblio del compito didattico-pedagogico dei professori (Semplici). Concordi sul presupposto che valutare

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Paradoxa, ANNO VII – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2013

Aux urnes, citoyens! a cura di Gianfranco Pasquino «Paradoxa» 1/2013 traccia l’identikit dell’elettore italiano. Cosa si scopre, una volta sfatati i luoghi comuni più diffusi, nella pubblicistica corrente e persino tra gli analisti e gli scienziati politici? Primo: l’influenza della Tv viene sopravvalutata. Oggi più che in passato, sono i network di discussione, dalle cerchie sociali alla rete, a garantire quegli scambi diretti e simmetrici che influiscono sul voto. Secondo: l’elettore indeciso è, paradossalmente, il più decisivo. Lungi dall’essere poco interessato o poco informato, è un elettore (in parte) colto e programmatico, che valuta e sceglie sulla base di più fattori. Terzo: disaffezione, apatia, alienazione, sfiducia connotano oggi l’atteggiamento dei cittadini verso la politica, eppure, contrariamente a certe suggestioni giornalistiche, un partito degli astensionisti non esiste e non può esistere. Quarto: lo strumento delle primarie, decisivo, è per lo più incompreso. All’incredibile espansione, in Italia, non si è affiancata una contestuale crescita delle conoscenze e delle competenze. Quinto: l’utilità delle quote rosa non è indiscussa. Altre strategie più efficaci sono possibili per porre un limite al meccanismo della cooptazione maschile. Infine, i programmi elettorali non contano poi tanto, nell’orientare la scelta del cittadino. Per un elettorato tradizionalmente diviso in due

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Paradoxa, ANNO VI – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2012

Eutopia A cura di Vittorio Emanuele Parsi La crisi dell’euro altro non è che la manifestazione più drammatica della crisi politica dell’Unione Europea. Viene meno l’uguaglianza tra gli Stati membri – come attestato dagli sviluppi più recenti in tema di politica finanziaria – rinascono spinte regressive a livello nazionale, e si fa sempre più sfumata e controversa la frontiera, paradossale, di quel «non luogo» (P. Valenza) in cui l’Europa consiste. È necessario, oggi, ravvivare la memoria del principio che anima l’Unione, perché essa non si dissolva in «utopia». A questo scopo ambizioso vogliono contribuire gli autori di «Paradoxa» 4/2012, curato da Vittorio Emanuele Parsi. I saggi si raccolgono intorno a due fuochi principali. Anzitutto, la necessità dell’esistenza dell’Europa, su cui tutti gli autori unanimemente convergono; in secondo luogo, la necessità di una sua riforma. E come in ogni opera di riforma, concettuale e no, sono ben presenti, accanto alla meta, gli ostacoli che si frappongono al suo raggiungimento. Il più arduo è forse proprio il rischio della deriva tecnocratica, di cui D. Fisichella ricostruisce le origini. Altre problematicità sono individuate nell’assenza di una politica estera coesa, nella messa a punto di un welfare calibrato, nell’integrazione, nel recupero della vocazione mediterranea

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Paradoxa, ANNO VI – Numero 3 – Luglio/Settembre 2012

New Realism. Molto rumore per nulla A cura di Francesca Rigotti Prendiamo un lettore italiano di quotidiani che arrivi a sfogliare il giornale fino alla sezione «cultura». Proviamo a chiedergli quali siano le grandi questioni filosofiche del nostro tempo. Costui non avrà dubbi: pagine e pagine di polemiche arroventate tra i più noti filosofi italiani attestano che il vero problema – da più di un anno a questa parte – è la «realtà», finalmente tornata al centro del pensiero dopo l’esilio postmoderno: finalmente fatti e non più solo interpretazioni. La disputa tra New realism e postmoderno, dunque, è oggi alla ribalta. Ma cos’è l’uno e cos’è l’altro? Qual è la posta in gioco nel braccio di ferro tra le due parti? Gli autori di «Paradoxa» 3/2012 si confrontano con un dibattito ancora tutto aperto, che stimola idee e scomoda pensatori autorevoli, in primis, i due giganti della lotta in questione: Gianni Vattimo e Maurizio Ferraris. Se il numero ha affrontato l’aspetto propriamente filosofico (verità, giustizia, confronto con le posizioni costruzionista, costruttivista, fenomenologica e analitica, implicazioni in ordine all’epistemologia e all’etica), il dibattito scaturitone si è esteso a un aspetto di non marginale interesse, il clamore mediatico del nuovo realismo. La

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Paradoxa, ANNO VI – Numero 2 – Aprile/Giugno 2012

Uomini o Cittadini? a cura di Francesco D’Agostino Il nostro tempo manifesta in forme inedite la questione della cittadinanza, ponendo problemi che sono ben lontani dall’essere risolti. Il processo di globalizzazione in atto sembra rendere obsoleto il criterio culturale; il fatto migratorio presenta sfide sempre più difficili; le tecnologie e la mediatizzazione della politica determinano nuove modalità di partecipazione. È necessario perciò un aggiornamento del quadro teorico complessivo. Il fascicolo 2/2012 di «Paradoxa», Uomini o cittadini?, a cura di Francesco D’Agostino, vuole essere un contributo a questo obiettivo. Vengono saggiati sia i fondamenti storico-teorici che le ricadute pratiche e normative della dialettica uomo-cittadino. L’assunto di base è che non esiste alternativa tra i due termini, ma un rapporto d’implicazione reciproca, in cui è l’umanità, e non la sua demarcazione giuridico-politica, a dire l’ultima parola. A contributi che inclinano in questa direzione conciliante, come quelli di F. D’Agostino, F. Macioce e G. Ferri, che arriva a ipotizzare una cittadinanza globale sulla base del concetto di sostenibilità, si affiancano d’altro canto le voci di chi, come Dino Cofrancesco, rimarca l’importanza della specificità culturale. Nella varietà delle posizioni, una domanda, tanto ostica quanto urgente, rimane aperta: in che misura i cittadini hanno il

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Paradoxa, ANNO VI – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2012

Liberali, davvero! a cura di Gianfranco Pasquino Liberali o liberali immaginari, quelli italiani? Questo il quesito che anima il primo fascicolo del 2012 di «Paradoxa», curato da Gianfranco Pasquino, che fa in qualche modo da pendant al numero 2/2011, a cura di Dino Cofrancesco. In cerca di una risposta, gli autori chiamano a raccolta giudici autorevoli e imparziali, consapevoli che proprio un’inadeguata analisi e rielaborazione dei classici sia all’origine delle distorsioni dei liberali italiani, o sedicenti tali (tra queste: tirannia della maggioranza, paternalismo, permissivismo, liberismo, statalismo, ateismo devoto, violazione del costituzionalismo e della separazione dei poteri). Kant, Montesquieu, Madison, Tocqueville, Mill, Keynes, Hayek – da una prospettiva privilegiata – esaminano così l’odierno tasso di liberalismo reale in Italia. Ne scaturisce un’opera di discernimento e pulitura concettuale, che mobilita e ridiscute princìpi e slogan teorici, politico-economici e morali. Gli esiti sono inediti e a tratti provocatori: il principio rawlsiano del merito, ad esempio, si rivela non così imprescindibile, anzi, con le lenti di Hayek (V. Ottonelli), viene ritenuto persino illiberale, assieme all’articolo 3 della Costituzione italiana. Tra i filoni che hanno nutrito il vivace dibattito seguìto all’uscita del fascicolo, il rapporto tra liberalismo e liberismo, affrontato nel paper di L. Berti

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Paradoxa, ANNO V – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2011

Per una politica dei beni comuni a cura di Stefano Zamagni Il fascicolo 4/2011 di «Paradoxa», curato dall’economista Stefano Zamagni, si occupa di una problematica di estrema rilevanza pratica, che è andata acquistando una crescente centralità nel dibattito pubblico occidentale dell’ultimo trentennio: quella dei beni comuni. I saggi trattano da diverse angolature gli aspetti del problema: acqua, cultural commons, abitabilità; fornitura e gestione dei commons, beni comuni e sviluppo. Tre sono i filoni principali che ne risultano. In primo luogo, il tema della natura peculiare del bene comune, un bene né privato né pubblico. In secondo luogo, la questione del paradigma di razionalità che va adottato nella trattazione dei commons: necessità di superare il modello di rational choice e dell’homo oeconomicus privilegiato dalle scienze sociali e dalla teoria economica. Infine, la questione della gestione dei beni: privata, statalistica o comunitaria? Alcuni interrogativi sollevati dal numero aprono a ulteriori riflessioni e soluzioni: è possibile percorrere una «terza via», alternativa alla proprietà e/o gestione pubblica e privata? È giunto il momento che i cittadini stessi, in forma associativa (cooperative di comunità, cooperative di utenza etc.), assumano il controllo diretto di questi beni? L’applicazione dell’ultima ipotesi esige, secondo il Curatore, una «democrazia più

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Paradoxa, ANNO V – Numero 3 – Luglio/Settembre 2011

La religione sul set. Un esperimento fenomenologico a cura di Stefano Bancalari Cos’è la religione? E come viene vissuta, oggi? Il numero 3/2011 di «Paradoxa», a cura di Stefano Bancalari, affronta il tema dall’angolo visuale della cinematografia. Gli autori, tutti di formazione filosofica, mostrano come alcuni film possano rivelarsi più significativi dei sondaggi sui comportamenti dei praticanti o delle teorie sulla (de)secolarizzazione. Non si tratta di un tentativo di filosofia del cinema, né di un’analisi volta alla formulazione di un giudizio estetico sui film presi in esame, ma di un «esperimento fenomenologico», come recita il sottotitolo, una pratica di un accesso «laterale» al fenomeno religioso. Gli osservatori coinvolti, attraverso film usciti nell’ultimo decennio – da The Tree of Life di Malick a L’ora di religione di Bellocchio, passando per A serious Man dei fratelli Cohen e La Passione di Cristo di Gibson – mettono da parte le questioni sull’essenza del religioso in favore di un approccio descrittivo, lasciando che la religione stessa si mostri naturalmente per quello che è. Ogni film si rivela a suo modo paradigmatico: religione come religione storica più o meno istituzionalizzata; religione come insieme di pratiche e credenze; religione come metafisica, o come esperienza che smuove

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