Paradoxa, ANNO VI – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2012

Liberali, davvero! a cura di Gianfranco Pasquino Liberali o liberali immaginari, quelli italiani? Questo il quesito che anima il primo fascicolo del 2012 di «Paradoxa», curato da Gianfranco Pasquino, che fa in qualche modo da pendant al numero 2/2011, a cura di Dino Cofrancesco. In cerca di una risposta, gli autori chiamano a raccolta giudici autorevoli e imparziali, consapevoli che proprio un’inadeguata analisi e rielaborazione dei classici sia all’origine delle distorsioni dei liberali italiani, o sedicenti tali (tra queste: tirannia della maggioranza, paternalismo, permissivismo, liberismo, statalismo, ateismo devoto, violazione del costituzionalismo e della separazione dei poteri). Kant, Montesquieu, Madison, Tocqueville, Mill, Keynes, Hayek – da una prospettiva privilegiata – esaminano così l’odierno tasso di liberalismo reale in Italia. Ne scaturisce un’opera di discernimento e pulitura concettuale, che mobilita e ridiscute princìpi e slogan teorici, politico-economici e morali. Gli esiti sono inediti e a tratti provocatori: il principio rawlsiano del merito, ad esempio, si rivela non così imprescindibile, anzi, con le lenti di Hayek (V. Ottonelli), viene ritenuto persino illiberale, assieme all’articolo 3 della Costituzione italiana. Tra i filoni che hanno nutrito il vivace dibattito seguìto all’uscita del fascicolo, il rapporto tra liberalismo e liberismo, affrontato nel paper di L. Berti

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L’occasione perduta dei liberali

Gianfranco Pasquino L’intervento di Cofrancesco è viziato da una premessa sbagliata. Il fascicolo “Liberali, davvero!” non intende affatto essere una replica a “Quelli che… la democrazia”. Nessuno di noi veniva colà criticato e, personalmente, condivido molte delle critiche rivolte a quei sedicenti (sic) democratici. I contributi a “Liberali, davvero!” stanno in piedi, alti e ritti, da soli senza bisogno di nessun antenato e nessun supporto. Mirano a mettere in rilievo le inadeguatezze, le contraddizioni, le problematiche irrisolte nelle analisi della politica italiana e della (quasi inesistente) etica pubblica di alcuni sedicenti (sic) liberali, ovvero di commentatori e studiosi che tali, orgogliosamente, si dichiarano. Il richiamo ai classici non è esercizio da eruditi, ma è essenziale per ripensare oggi il liberalismo, non solo italiano. Non capisco perché Cofrancesco e altri ci accusino di anti-berlusconismo, un tema assolutamente marginale nei nostri capitoli. Giusto, invece, lo ribadisco, criticare coloro che non criticano le caratteristiche illiberali del berlusconismo: conflitto di interessi, interpretazione della sovranità popolare, uso strumentale della religione, insistita sfida alla separazione dei poteri, duopolio televisivo. Non capisco, poi, perché Cofrancesco scriva addirittura trenta mila battute se ritiene che, cito, “rispondere alle argomentazioni dei liberali davvero, è tempo sprecato”. Nessuno di noi, collaboratori

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