Gianni Cuperlo – Il taglio dei parlamentari e la forma partito: riforma o regressione?

(Estratto da Paradoxa 4/2021) Un passo indietro lo si deve fare, non si scappa. Perché se il tema è l’impatto sulla forma partito di un parlamento ridotto nel numero, gioco forza conviene rammentarsi del perché si sia giunti a quel risultato in modo da valutare con più oggettività pure le conseguenze. Allora, intanto le date che hanno sempre il loro significato. Il referendum sulle «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari» si tiene il 20 e 21 settembre 2020. Vuol dire nel pieno della non lunghissima stagione del governo Conte II sostenuto da Movimento 5 Stelle, Pd, LeU e Italia Viva. Il dettaglio non paia pedante perché non lo è, nel senso che il compimento della riforma (o strappo) vede il Partito Democratico sostenere il Sì al quesito dopo averne bocciato per quattro volte il merito nei precedenti passaggi parlamentari. Ma all’atto della nascita della nuova maggioranza quel cambio di linea era stato posto sul tavolo come condizione a che la maggioranza stessa vedesse la luce. Tradotto: nei giorni caldi dell’estate del Papeete il bivio per il Nazareno era obbligato, o si appoggiava il taglio di un terzo della rappresentanza

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