Francesco D’Agostino – NON C’É GIUSTIZIA SENZA AMORE

1. A chi insiste nel mostrare la cecità della sorte, il Torquato Tasso di Goethe (2° atto, terza scena) obietta in due splendidi versi che anche la giustizia è bendata e chiude gli occhi davanti a ogni miraggio. Anche in questo, come in moltissimi altri casi, Goethe riassume magistralmente una tradizione radicata e antichissima. L’idea che la giustizia non veda,anzi che non debba vedere,è costante nella tradizione iconografica dell’Occidente [L’idea che la giustizia non veda è costante nella tradizione iconografica dell’Occidente] e trova le sue radici sia nella tradizione ebraico-cristiana che in quella greca. Quando negli Atti degli Apostoli (X, 34-35) Pietro confessa che Dio, nella sua somma giustizia, non fa preferenza di persone,l’espressione che poi la Vulgata ha reso con non est personarum acceptor Deus suona in greco prosopolemptés:termine in cui è evidente la presenza del termine prósopon,che significa volto:in altre e più rozze parole Dio è giusto, perché non guarda in faccia a nessuno. Ma come la giustizia, la compiuta e perfetta giustizia, è cieca,così deve anche essere sorda:non può e non deve prestare orecchio a preghiere e a suppliche. Il tema emerge con molta efficacia in Livio (Ab urbe condita, II.3), quando egli ci narra del dibattito

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