Il tomista tra scienza e diritto

Il tomista tra scienza e diritto
di Giancarlo Perna (Il Giornale 25.01.03) “Le do l’intervista, ma voglio controllarla. Temo i fraintendimenti giornalistici”, mi dice al telefono il filosofo del diritto, Francesco D’Agostino, presidente del Comitato nazionale di Bioetica. La sua voce è carica di sospetto, neanche fossi la più fasulla delle pecore Dolly.
“Si fidi di un onest’uomo”, belo.
“Non discuto la sua buona fede, ma….”.
“…l’intelligenza. Si è imbattuto in molti giornalisti cretini?”, dico.
“Vede? Già mi attribuisce cose non dette. Ho sempre notato un salto tra quel che volevo comunicare e ciò che il giornalista mi ha messo in bocca”. Senza farmi dire “a”, prosegue: “Il giornalismo è tagli, fretta, indifferenza ai temi di cui si parla. C’è chi, contento di essere intervistato, accetta tutto. Io, no”, dice ultimativo. “E’ più malfidato di san Tommaso. Devo familiarizzare e mostrargli che sono una Dolly con un notevole Q.I.”, penso.
“Lei è tra i maggiori filosofi cattolici, prof”, dico.
“Ho forti interessi di tipo teologico”, dice più blando.
“Se, come spero, la intervisterò sul modo in cui applica le sue teorie alla vita quotidiana, devo sapere a quale corrente filosofica ritiene di appartenere”, dico professionale.
“Sono un cultore di san Tommaso”, dice.
“Ci avrei giurato”, trionfo. “Lei è diffidente come l’incredulo che volle toccare il costato di Gesù per sincerarsi della sua resurrezione. Ma Gesù lo ammonì: ‘Beati quelli che non hanno visto eppure credono’ (Giov.20, 29). Orsù, accetti anche lei di farsi intervistare alla cieca”, dico.
“Dottore, dottore…”, dice D’Agostino desolato.
“Qualcosa non va?”, balbetto.
“Il san Tommaso di cui parla lei, è l’apostolo. Quello che intendo io, è Tommaso d’Aquino, Dottore della Chiesa del XIII secolo, fondatore del tomismo. Io sono tomista. Un tomista atipico, per l’esattezza”, dice stancamente.
“Potrà mai perdonarmi?”, mi mortifico.
“Il perdono è nel mio Dna e lei sembra un brav’uomo, sia pure confuso”, dice e aggiunge: “L’aspetto al Comitato di Bioetica per l’intervista. Intanto ripassi un manuale di filosofia. Ce ne sono di ottimi a uso dei licei”.
Questo l’approccio.
Contrariamente ai due primi pensatori di questa serie di interviste, Luigi Lombardi Vallauri e Vittorio Mathieu che conoscevo da tempo, non avevo mai incrociato Francesco D’Agostino. Arrivando da lui, a metà mattina, ne sapevo qualcosa dai giornali e per qualche sua apparizione in tv come bioetico.
D’Agostino è titolare della cattedra di Filosofia del diritto a Tor Vergata, la II università di Roma, città dove è nato 56 anni fa. Come Luigi Lombardi Vallauri, è stato allievo del decano dei filosofi del Diritto cattolici, Sergio Cotta. Ma non si potrebbero immaginare da un impasto comune, due ciambelle più diverse. Luigi è un extravagante che ha abbandonato la Chiesa per un misticismo ateo, fatto di meditazioni in perizoma nel Basso Egitto. D’Agostino è un regolare in giacca e cravatta, rimasto nella più stretta ortodossia, tanto equilibrato che le Istituzioni si affidano a lui per dirci cos’è bene o male.
Quando faccio capolino, il tomista atipico è seduto al suo scrittoio come un laborioso statale. Alza uno sguardo divertito che dice: “Lei è di certo lo sprovveduto che sto aspettando. Si accomodi”. Congeda una collaboratrice, ed è tutto per me.
“Dalla filosofia del diritto, alla bioetica. Com’è?”, chiedo.
“Vent’anni fa studiai i risvolti giuridici della fecondazione artificiale. Da allora, sono a cavallo tra scienza e diritto”, dice.
D’Agostino ha grosse spalle curve più da studioso che da buttero. Dalle continue citazioni che fa, deve avere letto come nessuno. Scritto anche di più. Elenca i suoi tomi: sul pensiero greco, medievale, una filosofia del diritto, una filosofia della famiglia, sui matrimoni gay, di bioetica. Perfino di diritti umani, l’attuale passione. “Prof, così mi atterra. Cominciamo, prima che ammutolisca”, imploro. “Cominci. E’ suo dovere. Sia tomisticamente fedele alla sua realtà di giornalista”.
-Appunto. Che vuol dire essere tomista?
“Credere che le cose esistano. Riconoscere il primato della realtà. Respingere l’ideologia che mistifica i fatti. E’ equilibrio tra noi e il mondo”.
-Perché si definisce “tomista atipico”?
“Tomista tipico, è chi sa a memoria l’opera di san Tommaso. Io sono segnato da lui, ma non ne sono un filologo”.
-Chi era san Tommaso?
“Uno dei primi frati domenicani. Nel ‘200, erano il contraltare dei monaci benedettini che vivevano nei monasteri del proprio lavoro. I domenicani, come i coevi francescani, sono invece mendicanti che chiedono alla società civile di sostentarli, in cambio della loro predicazione”.
-Immersi nella gente. Di qui, il realismo.
“I familiari ostacolarono la vocazione domenicana di Tommaso. Lo volevano Abate della benedettina Montecassino, due passi dal feudo di Aquino. Gli mandarono una prostituta per corromperlo. Tommaso la cacciò con un tizzone preso dal caminetto. Un osso duro”.
-Nonostante il capostipite casto, voi seguaci fate sesso?
“Alla domanda se un marito poteva digiunare asceticamente, Tommaso rispondeva: <Sì. Ma se il digiuno gli toglie la forza virile per adempiere il debito coniugale, commette peccato>. Veda dottore…”.
-Sì, professore?
“Il cristianesimo è stato sociologicamente sessuofobico, ma teologicamente sessuofilo”.
-C’è un limite al sesso tomista?
“La violenza. Verso l’altro o se stessi”.
-Se stessi?
“Se vado con una prostituta, perdo dignità, perché compro la sua falsa passione. E’ un’autoviolenza. Anche la sessualità omo, è contro natura. Non perché sia criminale, ma perché è una sconfitta esistenziale. Il gay, rifugiandosi nel rapporto col suo uguale, rifugge dalla scoperta dell’altro sesso. E’ un solipsista immaturo”.
-Svegliandosi, lei avrà una visione tomistica della giornata che l’aspetta. In che consiste?
“Visualizzo l’agenda delle cose da fare e sento il dovere di farle. Obbedisco a ciò che la realtà esige da me”.
-Cosa mangia il tomista doc?
“Nel mio ruolo, dovrei rispondere cibi biologici. Ma come tomista doc, riconosco che anche i cibi manipolati, frutto dell’intelligenza umana, appartengono all’ordine naturale. Non diffido del geneticamente modificato, purché sia saporito e sicuro”.
-La famiglia?
“Moglie e figli sono il luogo della comunicazione totale, anche col nostro semplice stare lì. La famiglia è connessa al mistero trinitario: il Padre, il Figlio e l’amore tra loro: lo Spirito santo”.
-C’è una tomistica giustificazione alla scappatella?
“Ovviamente, no. Chiedendosi se per uccidere il tiranno, si possa sedurne la moglie, Tommaso dice no. Non critica il tirannicidio in sé, ma quello attraverso l’adulterio”.
-Perché si è intestardito con questo secchione di Tommaso, quando lei, col suo cognome, era nato nel segno del turbinoso sant’Agostino, irrealista e folle?
“Altro che irrealista. Agostino era di un realismo assoluto. Predicando, disse all’uditorio: ‘Sento che sto tirando troppo a lungo, dal forte odore di sudore che si alza da voi'”.
-Che ribrezzo! Hanno senso gli onori del mondo?
“Il tomista è contro la falsa modestia. Il realismo gli impone il dovere di lodare chi ha dei meriti e di non farlo con chi non ne ha”.
-Il denaro è sterco del diavolo?
“Sa da che nasce il paragone? L’essenza del denaro sta nel disfarsene, come quella degli escrementi sta nell’espellerli. Il denaro è un mezzo di comunicazione tra persone, nel bene o nel male. Se ricompensa un lavoro, è giustizia. Se paga un delitto, corrompe”.
-Capita una disgrazia. Che fa?
“La Provvidenza c’è, ma non abbiamo occhi per accorgercene. I dolori sono l’eccezione, non la norma della vita. Per questo, ci consoliamo: ‘Coraggio, passerà’. Non è la realtà a essere contro di te, ma la circostanza”.
-Il suicidio?
“Un mistero proprio dell’uomo. Dimostra come egli sia assolutamente libero di dire sì a sé stesso e no a Dio, dicendo: ‘Ti restituisco un dono che non mi interessa, la vita’”.
-Da tomista e giurista, se la legge scritta fa a pugni con la legge naturale?
“Il diritto positivo perde valore. Un’extracomunitaria che frequentava la nostra parrocchia avrebbe dovuto essere espulsa. Era un’onesta lavoratrice. Il parroco violò tutte le leggi per coprirla. Nessun parrocchiano si sognò di denunciarlo”.
-Il tomista sta con Israele o con l’Olp?
“Escrivà de Balaguer diceva: ‘L’uomo (Gesù) e la donna (la Vergine) che più amo al mondo sono ebrei, come posso non amare gli ebrei?’. Ma amare un fratello, non significa non amare l’altro. Anche la mistica islamica ha pagine di religiosità straordinaria”.
-Il tomista D’Agostino come sceglie a chi dare il voto?
“Non ho tempo per studiare i programmi politici, mi affido ai dibattiti tv. Voto chi mi convince di più”.
-Il politico più vicino al suo tomistico ideale?
“I prussiani Federico II e Bismarck, per due atti specifici. Il re, per avere reso obbligatoria l’istruzione elementare. Il cancelliere per le pensioni ai lavoratori. Entrambi hanno sentito come maturo un problema, che gli altri politici nemmeno percepivano”.
-Qual è l’arte più tomistica?
“Purtroppo per me musicomane, la pittura, arte della realtà”.
-Quale filosofo italiano stima di più?
“Vittorio Mathieu, straordinaria intelligenza”.
-Il suo modello umano?
“Adoro il capitano CooK. Cerca il mitico continente australe che doveva fare da contrappeso alle terre di questo emisfero. Scopre invece la ‘piccola’ Australia e prende realisticamente atto che il presunto continente non c’è. Persona seria”.

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